🤔 E’ da qualche mese che – purtroppo – sento ripetere questa frase. Sicuramente l’avrete sentita o pronunciata anche voi nel tentativo di consolare la persona che sta vivendo un lutto.
Io la ricordo bene. Me la dicevano spesso quando morì mio padre, prematuramente, in modo improvviso e inaspettato, tanti anni fa.
Ma ricordo anche, che a questa frase si accompagnavano sentimenti di rabbia, di ingiustizia, sensi di colpa che hanno reso lunga e difficile una vera elaborazione del lutto.
Mio padre era forse buono? Migliore degli altri? Per questo ha meritato la morte? Per questo Dio l’ha chiamato a sé così presto?
Ricordo anche che dicevano: “L’ erba cattiva non muore mai”. Quindi chi rimane e vive a lungo, è cattivo?
E allora, che senso ha cercare di essere buoni, onesti, di essere persone corrette, se poi non possiamo godere a lungo delle bellezze e dei piaceri della vita? Se poi, vengono premiati i “cattivi”, i corrotti e i disonesti? E che cosa significa essere buoni, essere cattivi?
A distanza di anni, penso che dovremmo smetterla di pronunciare questa frase, perché dietro il concetto di bontà si nasconde un’associazione con la sofferenza e con il dolore.
Sei buono se soffri nel silenzio, se ti sacrifichi, se espii le colpe degli altri, se sei generoso nonostante le privazioni e la povertà. Sei buono se non ti ribelli, se sopporti le ingiustizie, se perdoni sempre e comunque, se resisti eroicamente ad un destino avverso.
Non è una frase che dà forza; avvilisce chi rimane in vita e anche i morti. E favorisce l’ autosantificazione sull’altare della buona coscienza, dell’innocenza, dell’ingenuità e del vittimismo.
Anche Gesù è morto sulla croce per espiare e purificare il mondo dal peccato; si è sacrificato per salvare l’umanità. Ma l’uomo è cambiato? Ha liberato il mondo dalla corruzione e dal male? La risposta ce l’abbiamo tutti davanti agli occhi.
E Gesù, lo ricordiamo crocifisso, con il simbolo del martirio e della sofferenza, come per dire: “Hai visto? Non ce l’ha fatta nemmeno Lui. E tu piccolo uomo? Cosa credi di fare?
Perché invece non lo ricordiamo con i simboli delle azioni, delle parole, dei miracoli che ha compiuto? Perchè non celebriamo mai la vita, il piacere ma solo la sofferenza?
Allora, penso che vanno via le persone che devono andare via.E che Dio non ti strappa la persona che ami perché ne ha bisogno lui, perchè lassù c’è bisogno di angeli, come si sente comunemente dire.
Penso che ogni persona muore nel tempo, nel luogo, nel modo in cui deve morire. Buona o cattiva che sia stata (categorie morali costruite dall’uomo in base alla sua cultura), muore per conseguenza di scelte, azioni, reazioni, decisioni, certezze e convinzioni consapevoli e non. Muore per un destino, per una funzione, per un compito che doveva svolgere e che ha in qualche modo realizzato.
E anche se alla fine,non c’è un perché, non dobbiamo necessariamente cercarlo ossessivamente. Possiamo accettare la morte, questo si. Così com’è stata.
Allora rispettiamo tutti i morti e come sono morti, senza giudizi o proiezioni moralistiche.
Rispettiamoli nel loro destino così com’è stato e lasciamoli andare incontro a qualcosa di diverso e di più grande. Ci può rimanere un insegnamento, un compito da svolgere, qualcosa da correggere, da riparare, un progetto da realizzare.
E così, diamo forza a chi rimane, a chi ha il coraggio di vivere, di continuare a vivere. Qui, ora, così, nonostante tutto.
Nonostante tutto, IO RESTO.