“Mio marito ha iniziato a maltrattarmi. Alza spesso le mani anche davanti ai figli. Forse è sempre stato così, pensavo fosse normale.
Non ce la faccio più e vorrei riprendermi la serenità ma ho paura delle sue reazioni e non so cosa fare”.
Ce ne sarebbe da dire sulla violenza domestica! E parlare, parlare, parlare.
Dell’antica rabbia delle donne, dei secoli di maltrattamenti, del patriarcato, dell’infantilismo affettivo dei maschi e del tanto citato narcisismo patologico.
Ma la cultura, seppur utile, ha una dinamica molto lenta per indurre un cambiamento. E spesso questo cambiamento non avviene o non per tutti.
Dietro la violenza ci sono ragioni, intenzioni, amori che vanno riconosciuti e ogni volta sono diversi per ogni persona.
E per aiutare, non bisogna lasciarsi trasportare dalle descrizioni e farsi confondere dagli effetti. Bisogna rintracciare l’intenzione che li muove.
Bastano poche domande mirate e dal racconto emerge il grande amore e il punto di dolore che viene poi vissuto come destino.
“Sono la più piccola di tre fratelli. Mio padre li picchiava e li maltrattava i miei fratelli. Io osservavo e mi sentivo impotente. Ma la sua violenza ha risparmiato me.
Uno dei miei fratelli è morto due anni fa. E io, da un po’, sto pensando al suicidio.
E l’anima di questa bella e gentile signora, cerca e trova all’esterno, l’uomo che la picchia per fedeltà ad un amore fraterno che dice:” Anch’io come te”.
Così la coscienza individuale trova il modo per espiare la colpa di essere stata risparmiata e percepire finalmente quell’appartenenza familiare da cui si era sentita esclusa. Perché loro si e io no?
Ci sono amori che ci legano alla sofferenza e che non ci permettono di vivere con gioia e libertà. Perché l’anima cerca sempre di includere chi è stato escluso e di espiare come, o a posto di qualcuno.
Tutto si fa per amore. Ma non per questo si deve morire.
Cosa può fare adesso?
Riconoscere che si può appartenere a un sistema familiare disfunzionale anche essendo felici e che si può amare anche senza soffrire, senza dolore, senza ripetere il destino altrui. Ma trasformare tutto il dolore vissuto in un grande forza che guarda alla vita.
E dire al fratello: “Mi dispiace. Ho sofferto tanto anch’io, per te. Ora non posso più farlo. Da oggi la smetto e inizierò a onorare il tuo destino, portandoti con me nella mia gioia e nella mia serenità”.
E permettersi un nuovo inizio.