Mentre mi trovavo dall’estetista, ascoltavo lo sfogo di una mamma pentita di aver dato uno sculaccione al suo bambino di cinque anni.
“Mi ha sputato addosso! Ero esasperata! Ho perso la pazienza! Avrò fatto bene? Non volevo! Mi sento in colpa!”
E poi, come spesso accade a chi svolge la mia professione ed è conosciuta, mi guardano e chiedono: Cosa ne pensa?
Allora vi racconto un fatto della mia infanzia.
Un giorno, mia sorella più piccola (all’epoca aveva 6 anni) dal balcone di casa vide passare un ragazzino, un po’ antipatico e dispettoso e gridò:
“Franco, Vaffanculo!”
Non si accorse che alle sue spalle c’era nostro padre:
Paola? – chiamò.
Lei si voltò e lui le mollò uno schiaffo sulla bocca.
Punto. Nessuna parola, nessun commento.
Oggi grideremmo allo scandalo, ai diritti non rispettati dei minori, al retaggio di una pedagogia patriarcale violenta e se fosse un pò più grandicella, la bambina chiamerebbe subito il telefono azzurro.
Ma ci sono schiaffi e schiaffi. Ci sono quelli inutili che creano traumi e quelli che sono un insegnamento concreto.
Ci sono schiaffi che vanno dati in un particolare momento, con empatia e conferma d’amore per svegliare una persona da una forma di sonnambulismo contro se stessa, per mostrare un evidente valore, per risvegliare ad uno stato di presenza come atto correttivo terapeutico.
Pochissimi ma che rimangono nelle memorie cellulari e possono essere efficaci più di mille spiegazioni.
E’ vero che ci sono gli abusi e i maltrattamenti fisici ma ci sono soprattutto quelli psicologici ed emotivi, invisibili, silenziosi, ripetuti quotidianamente e scambiati come manifestazioni d’affetto, coperti e mascherati dal buonismo, da pseudo-modernità, da uno pseudo-rispetto, nonché da tanta pseudo-psico-pedagogia.
Ma continuo a vedere troppi figli che diventano despoti e tiranni di genitori accondiscendenti, “moderni”, “rispettosi della privacy”, dipendenti, insicuri, paurosi, ricattati. E questi figli, una volta cresciuti, si scagliano proprio contro coloro che li hanno usati come alleati e complici nelle personali dinamiche familiari, pretendendo il servizio a vita.
Un duro rimprovero o uno schiaffo dato con amore concreto e fisico, può diventare un prepotente stimolo alla vitalità, alla responsabilizzazione, al rispetto verso se stessi e verso gli altri.
Lo schiaffo terapeutico è una forma di provocazione che immette l’urgenza di un cambiamento. E’ un dolore arreecato all’ego prima che venga deviato o prenda la strada del narcisismo. Va dato se rappresenta una novità e se c’è la possibilità e il requisito di poter essere coscientizzato e compreso.
Quindi cari genitori, smettetela di sentirvi in colpa se ogni tanto mollate un ceffone. Assicuratevi però che non sia lo strumento per compensare personali sentimenti di frustrazione e di impotenza, ma un atto d’amore e un insegnamento basato sull’evidenza.
P.S. Mia sorella ancora oggi se lo ricorda e non lo dice ( anche se ogni tanto, un bel “vaffa” qualcuno oggi se lo merita).