“Cosa ti avrò mai fatto, per essere tanto arrabbiato con te? (Bert Hellinger)
Incontro tante persone, soprattutto donne – adolescenti e adulte – arrabbiate con i propri genitori, nonostante siano andate via da casa e abbiano costruito una loro famiglia diventando a loro volta genitori. Alcune, hanno oltrepassato i settant’anni di età ma ricordano della madre e del padre solo i comportamenti ingiusti, i torti subìti, con il cuore colmo di risentimento e di dolore. Una rabbia che persiste nonostante il tempo, la rabbia di un cuore di un bambino/a di 5- 7 anni che ha sempre fatto da sottofondo anche nelle giornate più felici, smorzandone e impoverendone l’intensità.
Oggi con i propri figli vivono rapporti conflittuali così come li hanno vissuti loro stessi con i propri genitori.
Perché ancora tutta questa rabbia? Perché il tempo o perfino la morte dei genitori non sono riuscite a risanare le ferite del cuore? Perché molto spesso la rabbia sostituisce un grande dolore; è la reazione per un amore rifiutato o per una colpa da cui difendersi.
Ci sono diversi tipi di rabbia e diverse sono le motivazioni per cui si mantiene. Bert Hellinger (ideatore e fondatore delle Costellazioni Familiari), ne distingue principalmente sei.
1. Il primo tipo di rabbia è quella che scaturisce da fatti concreti; è rivolta verso una persona che ci ha fatto un torto o che ci attacca, che mette in pericolo la nostra vita. Questo tipo di rabbia è un’autodifesa, una reazione attiva per difendere la nostra identità, il nostro spazio vitale (sia fisico che psico-emotivo). Una volta esercitata e raggiunto lo scopo, passa, quindi è transitoria.
2. Il secondo tipo di rabbia è la conseguenza di una mancata azione. Dovevamo chiedere qualcosa e non l’abbiamo fatto; potevamo prendere ciò che ritenevamo nostro e non l’abbiamo preso. Non ci siamo concessi quando dovevamo concederci. Così ci arrabbiamo con la persona che secondo noi doveva darcelo, perché ce lo aspettavamo, perché l’altro doveva capire. Questo secondo tipo di rabbia è molto frequente perché nasconde un amore non riconosciuto, non espresso. Si chiama “rifiuto d’amore. Invece di esternare il nostro amore ci arrabbiamo con la persona che amiamo. Questa rabbia risale all’infanzia dove nasce come conseguenza di un movimento interrotto verso la persona amata. In situazioni successive e simili, si ripete quell’esperienza avvenuta in giovane età e da ciò trae la sua forza.”
3. Poi c’è la rabbia che scaturisce da un senso di colpa perché abbiamo commesso un torto, un’ingiustizia o un danno nei confronti di una persona ma non vogliamo ammetterlo. Invece di agire per un’ eventuale riparazione del torto, o chiedere semplicemente scusa ci arrabbiamo con la persona per nascondere a noi stessi la nostra colpa e per difendere il nostro orgoglio. Questo tipo di rabbia però paralizza, indebolisce, rovina le relazioni e produce autosabotaggi e frustrazioni.
4. L’incapacità di dire grazie a qualcuno che ci ha dato tanto e quindi l’ingratitudine è l’altra motivazione che può spingerci ad arrabbiarci con una persona. Ciò che l’altro ci ha dato è così tanto che non riusciamo a sopportalo perché forse non possiamo ricambiarlo o non ce ne riteniamo degni. Allora ci difendiamo dalla generosità e dai doni allontanando l’altro con la rabbia. Anche questo tipo di rabbia indebolisce perché non si agisce con consapevolezza.
5. Poi c’è la rabbia trasmessa da qualcun altro. Chi la prende su di sé in genere è una persona debole. Spesso è un bambino che prende su di sé la rabbia della madre nei confronti del padre e si arrabbia con lui al posto della madre. Oppure può essere spostata verso qualcun altro. Ad esempio un uomo potrà arrabbiarsi con la moglie anziché con la diretta interessata: la madre. Ciò succede anche negli luoghi di lavoro dove il più sensibile di un gruppo assume e raccoglie su di sé la rabbia di un dipendente nei confronti di un datore di lavoro diventando così il “capro espiatorio”. Anche questa rabbia rende deboli e impotenti perché fa rimanere tutti in una posizione di ingiustizia subita.
6. L’ultimo tipo di rabbia è invece una virtù: è la capacità di farsi valere, di farsi rispettare. E’ un’energia consapevole che viene raccolta e diretta verso la soluzione dei problemi. La persona in questo caso non viene coinvolta dall’emozione ma valuta con competenza, l’azione strategica da compiere per uscire dalla difficoltà. Può arrecare danno a qualcuno ma non si prova né paura, né risentimento.
Potremmo ora riflettere sulla rabbia che proviamo nei confronti di alcune persone. E poi chiederci: “Quale tipo di rabbia provo? E perché?”
La risposta che emergerà, sarà un ottimo primo passo per liberarsene.
Per approfondire:
Marina Valcarenghi, L’aggressività femminile, Mondadori Milano 2003
Bert Hellinger, Gli ordini dell’amore, Urrà Edizioni, Milano 2004