Mettendo in ordine la libreria, mi sono ritrovata tra le mani, il libro di Nassim Nicholas Taleb. Ho riletto alcuni passaggi che condivido con voi.
Il cigno nero è un evento inaspettato, imprevedibile che ha un impatto enorme sulle nostre vite. Il successo di Google, l’11 settembre, il crollo di Wall Strett, lo tsunami del 2004. E il Coronavirus potrebbe essere un Cigno nero?
Cosa ci dice? Che il futuro è imprevedibile e che basta un evento inaspettato per demolire le nostre certezze. Che il nostro modo di ragionare basato sull’interpretazione del passato non è sufficiente nè ci dà garanzie sul futuro che verrà.
Per spiegarlo meglio vi riporto uno stralcio.
Imparare dal tacchino.
“Pensate ad un tacchino a cui viene dato da mangiare tutti i giorni. Ad ogni pasto si consolida nella sua convinzione che una regola generale della vita sia quella di essere sfamati quotidianamente da membri amichevoli della razza umana che pensano solo al suo interesse, come direbbe un buon politico.
Poi però, il pomeriggio del mercoledì che precede il giorno del Ringraziamento, al tacchino succede una cosa imprevista, che lo spinge a rivedere le sue idee. Cosa può apprendere l’animale su ciò che lo aspetta il giorno dopo sulla base degli eventi del giorno prima?
Il problema del tacchino può essere generalizzato a qualsiasi situazione in cui la mano che vi dà da mangiare è la stessa che vi tira il collo. Eppure il tacchino ha imparato dall’esperienza. Si sentiva più sicuro anche se la sua fine era prossima”.
Il cigno nero è un problema di conoscenza.
Abbiamo aspettative, costruiamo ipotesi e previsioni che si basano su esperienze passate. E noi cosa possiamo fare oggi? Imparare a non essere troppo creduloni, che il futuro non possiamo prevederlo e che dovremmo iniziare a pensare con una mente aperta ad infinite possibilità.
Pronti a sfruttare a nostro vantaggio le situazioni che possono essere create dall’improbabile Cigno nero che può sempre accadere nelle nostre vite.
Magari saremo meno sicuri senza le nostre certezze e le nostre previsioni ma forse più liberi dalla paura del futuro e dell’ignoto.